Una Borsa per il turismo enogastronomico
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- Creato Mercoledì, 02 Maggio 2012 20:44
- Scritto da Dario D'Orta
Si apre domani a Torino la Borsa Internazionale del Turismo Enogastronomico (Biteg), la quinta edizione piemontese, dopo i primi otto anni a Riva del Garda. E’ ricco il programma della Borsa rivolto agli operatori accreditati, buyer e seller del settore, che dal 3 al 7 maggio saranno impegnati in workshop business, tour in-formativi sul territorio, serate dedicate ai prodotti enogastronomici.
“Sviluppo Piemonte Turismo” è la società della Regione Piemonte che ha il compito di gestire il tutto. E allora, a poche ore dallo start della Borsa, ho intervistato la dottoressa Maria Elena Rossi - Direttore Generale di “Sviluppo Piemonte Turismo” - che ringrazio per averci permesso di conoscere meglio non solo la Biteg, ma anche alcuni punti essenziali del settore.
Quali sono gli obiettivi della Biteg?
Promuovere e potenziare l’offerta enogastronomica in campo turistico a livello internazionale, portando nella nostra città, nella nostra Regione – che è una regione leader nel turismo enogastronomico, cioè che vede il turismo enogastronomico come uno dei prodotti di punta e di eccellenza – i migliori operatori in particolare internazionali, soprattutto per quanto riguarda i tour operator, mentre dal punto di vista nazionale le presenze di buyer sono soprattutto legate all’associazionismo e quindi al turismo di gruppo. L’occasione è quindi di incontrare per i buyer che ospitiamo, i seller a livello italiano. Quindi è una Borsa italiana con ambizione internazionale, e gli anni scorsi hanno dimostrato che c’è una grandissima attenzione da parte degli operatori internazionali verso questo evento, e quest’anno la partecipazione è confermata. Tra l’altro, avremo anche alcuni operatori cinesi e argentini, che sono un po’ la novità di questa edizione del Biteg. Questo incontro domanda-offerta vuole portare ad un potenziamento del turismo enogastronomico nella nostra regione e nel nostro paese, perché indubbiamente è un turismo di nicchia, che però si sta sempre più sviluppando, e che non riguarda solo turismo individuale e di gruppo, ma sempre di più riguarda anche il turismo aziendale, ad esempio. Abbiamo anche degli operatori interessati alla meeting event industry, legata al turismo enogastronomico.
Comunque la ricaduta sarà nazionale?
Assolutamente, infatti sono infatti presenti più della metà delle regioni italiane, con i propri seller, da sempre è nata con questo spirito e continua ad avere questo spirito. Chiaramente il fatto di avere deciso di portarla qui ormai cinque anni fa è stato con una precisa motivazione, quella di valorizzare il Piemonte all’interno dell’offerta turistica italiana, in questo settore. Il Piemonte indubbiamente ha delle forti eccellenze in campo enogastronomico, e il turismo enogastronomico è una delle nicchie che noi vogliamo valorizzare. Il marchio è stato acquistato, ed è ormai da anni che si tiene in Piemonte. Noi infatti i giorni successivi alla Borsa portiamo gli operatori sia italiani che stranieri in giro per il nostro Piemonte, per fargli vedere con i loro occhi l’offerta turistica, per far sì che si venda il Piemonte prioritariamente, però la presenza dei seller nazionali da tutte le regioni, fino alla Sicilia, conferma questa vocazione nazionale.
In questo clima di crisi, questo settore come si colloca?
In realtà la crisi sicuramente si percepisce in termini generali, chiaramente le differenze tra chi può spendere e chi no, sono cresciute. Chi può spendere è meno sensibile alla variabile prezzo, quindi in realtà è un turista che cerca l’eccellenza, sicuramente sta più attento, quindi c’è un discorso di offrire sempre di più un miglior rapporto qualità/prezzo, a questo tipo di cliente di nicchia, però la clientela che può spendere sta continuando a viaggiare. I dati che noi abbiamo del 2011 comunque hanno confermato che, nel territorio che comprende noi del Piemonte, per il turismo enogastronomico c’è stata una crescita a due cifre, costante negli anni, che conferma il fatto che dove c’è un’offerta di qualità il turismo si può sviluppare. Il turismo in Piemonte è sicuramente un settore in controtendenza perché sta crescendo negli ultimi anni, è cresciuto quasi del 60% negli ultimi dieci anni e continua a crescere. Chiaramente il Piemonte è partito da livelli più bassi, cioè con una vocazione non turistica, sta sviluppando questa vocazione, sta crescendo moltissimo, quindi rispetto agli settori tradizionali dell’economia cresce e si sta sviluppando. Ed è confermato dal fatto che gli operatori privati stanno investendo nelle strutture alberghiere, nella qualità, quindi di fatto c’è un ritorno. Il turismo poi è una di quelle attività che porta beneficio e ricadute a livello molto più ampio. Chi viene in Italia, in Piemonte per il turismo enogastronomico evidente poi torna avendo acquistato prodotti enogastronomici, avendo allo stesso tempo anche visto il territorio, con un occhio molto vicino alla sua essenza. Questo fatto dell’autenticità e la differenziazione che ogni regione italiana può dare in campo enogastronomico è sicuramente un elemento di grande forza del nostro territorio che va valorizzato. Questo è il motivo per cui questo è un settore su cui si può continuare a puntare, anzi, da sviluppare in maniera ancora più forte.
Vista la crescita nella vostra Regione, mi può dire come siete riusciti ad arrivare a questo risultato?
Il lavoro che si è fatto che riguarda il Piemonte nello specifico è stato quello di lavorare a vari livelli. Da un lato le Olimpiadi hanno portato una grossa visibilità sul territorio e una grossa notorietà che è stata sfruttata inserendola all’interno di una pianificazione, di un piano strategico del turismo, che è stato sviluppato proprio subito dopo le Olimpiadi, ma la cui gestazione è stata precedente, proprio nella prospettiva di cavalcare questa notorietà per portare ricadute sul territorio. Il piano strategico significa focalizzarsi su alcuni segmenti di mercato, su alcuni mercati, su alcuni prodotti, in maniera molto coerente e continuativa. La riduzione dei budget nel corso degli anni che purtroppo ha colpito tutte le Amministrazioni – compresa quella Regionale – ha fatto sì che questo perseguimento di obiettivi fosse sempre più difficile, perché chiaramente ci vogliono gli investimenti. Quello che ci consente di andare avanti è soprattutto Internet, perché oggi è un mezzo che è molto meno costoso, consente delle promozioni molto mirate e focalizzate, e quindi ci consente di fare delle operazioni interessanti.
Infatti ho visto come vi siete ampiamente collocati sul “social”
Il fatto di essere sempre più “social” è una modalità che stiamo sperimentando da circa un anno e mezzo, sempre di più, e che effettivamente dà i suoi risultati. Oggi il viaggiatore informato usa Internet, per il nostro tipo di turismo Internet è un atout forte, quindi è quello che si sta facendo. C’è tutto un lavoro di crescita da fare, da una parte c’è un problema di infrastrutture nel settore delle telecomunicazioni che non è di nostra competenza diretta, quindi non possiamo intervenire lì, però quando si parla della sensibilizzazione e della formazione anche del settore all’utilizzo del mezzo…Perché le strutture pubbliche possono arrivare fino a un certo punto, poi sono gli operatori che devono vendere il prodotto, sono loro che hanno il cliente. Il fatto di far crescere il settore in modo che sappia utilizzare sempre più questo mezzo in maniera mirata e efficace quello sì che è un compito anche delle Istituzioni pubbliche. Di recente c’è stato un evento formativo importante che si è tenuto ad Alba, circa due settimane fa, proprio per coinvolgere gli operatori nell’apprendimento dei social media e di come possono usare questo strumenti. In questo siamo impegnati perché il territorio deve crescere nel suo insieme.
Alla fine del Biteg, il 7 maggio sera, quali risultati vi attendete?
Noi quello che facciamo è monitorare il livello delle contrattazioni, e comunque cerchiamo di ottenere dagli operatori le informazioni riguardo i contratti che sono stati siglati, anche a quanto ammontano, in modo da poter fare anche una valorizzazione di questo evento, dell’investimento fatto. Ci aspettiamo che ci vengano forniti dei dati positivi, come negli anni scorsi, e che comunque ci sia una qualità e una soddisfazione complessiva da parte sia dei buyer che dei seller. Significa qualità dei rapporti, dei contatti e delle potenzialità di sviluppo. Alla fine dell’evento forniamo questi dati che sono dati di stima, ovviamente, perché non possono guardare al futuro di quelli che sono i contratti fatti dopo, però le contrattazioni in loco le possiamo quantificare. Ogni operatore ha in media almeno venti contatti utili al giorno, che per una Borsa specializzata è un dato molto alto. Noi controlliamo un po’ il tutto, siamo noi che decidiamo il numero di operatori che portiamo, li selezioniamo, quest’anno sono cinquanta, quelli internazionali, quindi ne conosciamo la qualità e anche le potenzialità. In qualche modo è tutto abbastanza prevedibile e programmato, chiaramente poi dipende dal grado di dinamicità dell’economia turistica tradurre in numeri concreti.
Prima parlava di Cina e Argentina come “sorprese” internazionali. Esiste qualche sorpresa anche a livello nazionale?
Diciamo di no. Noi selezioniamo prevalentemente associazionismo, Cral, e quindi cerchiamo di spaziare a livello nazionale, di cogliere quelle che sono le organizzazioni che muovono questo tipo di turismo, quindi in realtà l’associazionismo è presente in tutta Italia, senza particolari novità di rilievo.
Per i giovani che si affacciano a questo settore, cosa mi dice? Che ne vale la pena?
Assolutamente sì. Ci sono veramente moltissime nicchie. Chi lavora bene, con professionalità, ha risultati. Quello che a un giovane mi verrebbe da dire è di approfondire il mercato turistico, capire veramente che cos’è, capire che occuparsi di questo settore significa sacrificio, ma perché l’esperienza del turista si consuma nel momento in cui ha la presenza lì, quindi non si può sbagliare. La cura del dettaglio, la cura del servizio, la qualità è fondamentale nel nostro settore, perché sappiamo il passaparola gli effetti che ha. Quindi da quelle che sono le esperienze anche con giovani imprese nate nel tour operating, alberghiere, extralberghiere, ecc., abbiamo visto che chi lavora bene i risultati li ottiene assolutamente. Avendo anche esperienza come formatrice, posso sicuramente suggerire di lavorare sulle lingue, è una debolezza italiana ed è una debolezza che pesa. Chi si voglia mettere oggi sul mercato deve necessariamente pensare anche al mercato internazionale, che tra l’altro è quello che porta più ritorni dal punto di vista economico. E questo significa comunque investire nell’apprendimento delle lingue. Io incontro giovani, a livello universitario e non solo, che intendono entrare nel settore, e non è così scontato. Quindi bisognerebbe andarsi a formare all’estero, o comunque accompagnare gli studi in Italia con degli approfondimenti all’estero, la dimensione linguistica è fondamentale. Se non si capisce la lingua e la cultura delle persone che ospitiamo, non siamo in grado di accoglierle come si deve. Questo è un problema, secondo me.
Su questo riuscite a esercitare una sorta di pressione sui Ministeri, sulle scuole, sugli Enti di formazione?
Ognuno ha i suoi settori di competenza, sarebbe utile che le Regioni si coordinassero in questo senso per spingere per un approccio formativo sulle lingue molto più efficace. Questo senz’altro va fatto. Non ho una visione complessiva del sistema. Quello che posso purtroppo constatare è che con la Riforma Gelmini c’è stata una necessità da parte di molte Facoltà di chiudere alcuni corsi, i bienni di specializzazione nel turismo, purtroppo hanno dovuto chiudere sia alla Piemonte Orientale che all’Università di Torino, alla Facoltà di Economia. In alcuni casi avevamo la Laurea Magistrale che purtroppo non c’è più, e quindi questo a mio avviso non è positivo. Poi nasceranno dei Master, e va bene, però il fatto di lavorare per due anni con dei ragazzi a livello di Laurea Magistrale è molto importante. I tagli in qualche modo hanno colpito anche dove c’era domanda da parte degli studenti, quindi non erano binari morti, erano dei corsi dove di fatto c’erano degli studenti interessati e purtroppo questi studenti troveranno altrove la formazione che cercano. Agli altri livelli, ci sono delle straordinarie scuole alberghiere, in Piemonte, che lavorano molto bene. C’è una diffusa qualità del settore della formazione professionale che è altrettanto importante perché poi alla fine sono questi ragazzi a contatto con i clienti, è da lì che si parte. Il livello è mediamente eccellente.
C’è qualche buona prassi da segnalare a livello nazionale nel settore?
I modelli sono di quelle realtà che hanno fatto del turismo la loro principale risorsa economica, c’è una tradizione lunga di ospitalità. Seguiamo molto da vicino chi lavora, sia nel campo della formazione, che dell’accoglienza e della promozione. Ci sono diverse regioni che tradizionalmente hanno dei grossi risultati grazie alla tradizione e ad un continuo investimento nel settore. La differenza per noi è che noi siamo una regione che tradizionalmente, se non per alcune aree, non è turistica o non ha mai visto questo settore come prioritario, quindi il problema fondamentale è quello culturale, cioè di far crescere culturalmente questo settore a livello di priorità, sia nei pubblici che nei privati, cioè la consapevolezza come potenzialità di un intero territorio che deve crescere. In altre regioni questa consapevolezza c’è da sempre, quindi non c’è bisogno di lavorare su questi aspetti più profondi. La cultura dell’accoglienza è una cultura che deve crescere, noi guardiamo con molto interesse a tutte le regioni e cerchiamo di imparare da quelli che fanno da anni questo mestiere.
Da queste parole emerge un settore ad alta dinamicità, pronto a cogliere e valorizzare i punti di forza e ad affrontare – senza nascondersele – le debolezze. Nei prossimi giorni la Biteg offrirà i dati relativi alle “contrattazioni di Borsa” e avremo quindi nuovi elementi per capire meglio il cosa e il come del turismo enogastronomico in Italia, soprattutto in rapporto con l’estero. E per scoprire il versante “social” della Biteg, si può partire dal sito: www.biteg.it